lunedì 9 febbraio 2015

August Petermann - Geografia salottiera

August H. Petermann.
Teutonico geografo baffuto e corpulento. Ambizioso, dedizioso e precisetto:
«La H. sta per Heinrich» teneva a dire senza che nessuno glielo chiedesse.

Questo in breve il ritratto di una delle personalità innegabilmente più brillanti e originali dell'800. 

Fisico non proprio atletico, amava fare brevi passeggiate nel cortile di casa e fantasticare del mondo che lo circondava.
La sua sfortuna fu quella di essere nato nel secolo sbagliato: fosse stato un ventenne di oggi di sicuro avrebbe passato le selezioni di X Factor per poi essere eliminato al momento di esibirsi nei bootcamp.

Tup! «E non alzare gli occhi al cielo in quel modo!» Scappellotto e rimbrotto alle 10.05 di ogni domenica era quello che riceveva dalla materna impazienza che lo sorprendeva sempre a gongolarsi con foglietti e matite.A nulla erano valse minacce, sequestri e punizioni: ad August piaceva disegnare e non poteva farne a meno. Era un impulso quasi irrefrenabile: prendere un foglio e una matita e lasciare che dalla grafite sgorgassero fuori luoghi immaginari o soltanto sentiti nominare.
Tup!  Erano in chiesa ed August, privo di materiale con cui esercitarsi, aveva pensato bene di strappare i bordi del libretto della messa per dargli la forma dell'Africa o in quella che credeva fosse la forma dell'Africa.
Il padre di August, August R. Petermann «La R. sta per Rudolph» asseriva fiero ogni qual volta si apprestava a firmare un documento, era un uomo stanco. Stanco delle continue lamentele della moglie per questo figlio sconsiderato, stanco di dover ogni volta ridipingere le pareti della cameretta che AJ (come lo chiamava lui) imbrattava.

Così, quando gli capitò tra le mani un quotidiano ove si pubblicizzava a tutta pagina l'apertura di una scuola artistico-geografica ad opera di Berghaus e Von Humboldt non gli parve vero.
Di soldi in casa ne giravano pochi, ma Rudolph pensò bene di spedire all'indirizzo in calce l'annuncio un malloppo di quei fogli che il figlio aveva disegnato «Magari ci scappa una borsa di studio». 
August H. Petermann aveva sedici anni e un principio di barba di cui in età matura sarebbe andato molto fiero quando lesse, con una certa soddisfazione, che la sua carta del Sud America era stata ritenuta meritevole e che i fondatori della scuola riconoscevano il suo potenziale offrendogli un posto tra i loro banchi. 
  
«PRESENTE!» pronunciò con impeto il novello studente della Geographische Kunstschule August H. Petermann. 
Il più volenteroso, il più entusiasta, il più creativo della scuola era proprio lui che finalmente aveva trovato il posto adatto in cui dar sfogo sua fantasia e voglia di fare.
Ma le cose non erano mica così semplici; c'era anche un sacco da studiare: cartografia scientifica, matematica, meridiani, paralleli, meteorologia, idrologia, fisica! Alle volte rimpiangeva le passeggiate nel cortile di casa, altre invece comprendeva perfettamente che per non lasciarsi dileggiare avrebbe dovuto studiare sodo per poter diventare il miglior geografo d'Europa.
Sì perché essere posh era, come lo è oggi, importante anche nell'800 e il mestiere di geografo era decisamente il più trendy del momento.
Nonostante fosse un tipo brillante dal compasso fermo August non amava granché la vita all'aria aperta.
Certo, di quando in quando si aggirava per i cortili dell'istituto per sgranchirsi le gambe; preferiva però affondare nelle poltrone della biblioteca e sorbire una cioccolata calda.
Alcuni presero a chiamarlo culo di piombo ma lui non sembrava curarsene più di tanto «Un giorno lavorerete tutti per me!» replicava a bassa voce con una nota di lieve e appagato astio.

Il tempo sembrò dargli ragione.

August H. Petermann lavorò sodo per raggiungere la più ambita delle mete geografiche: Londra!
È lì infatti che risiede tutt'oggi la Royal Geographical Society la più importante società geografica del pianeta.
Oramai August si riteneva se non il più bravo, uno dei migliori geografi del secolo.
Ma fare il bulletto non era sufficiente: bisognava dimostrare di saperla più degli altri e l'occasione per gli venne fornita dal "Pernicioso  caso delle epidemie che si diffondono perché 'sti zozzoni non si lavano"
In poche parole; Londra - e molti altri luoghi del regno - erano vittima di una catena inspiegabile di epidemie.
Il nostro beniamino, forte dell'esperienza di inscatolamento e classificazione appresa a scuola grazie agli insegnamenti del precisissimo Humboldt, prese una carta della capitale dell'impero britannico e, seguendo la metodologia che sarebbe divenuta propria dei cacciatori di serial killer, segnò con delle X rosse i luoghi ritenuti focolai delle infezioni. 
Inutile dire che la ragione fu dalla sua e che gli onori che ne ricavò gli permisero di farsi un nome e di fondare una serie di riviste geografiche che, negli anni di cui parliamo, erano di gran voga.

Tuttavia questa esplosione di fama non gli fu sufficiente a raggiungere i portoni della società geografia a cui ambiva.
Enumerare, classificare, mettere in riga i dati su natura, uomini e persone; questo era stato il pensiero vigente dell'epoca. Tuttavia la continua ricerca della quadratura del cerchio, ravvedere le simmetrie di una natura birbante che le celava agli occhi e che i geografi dovevano disvelare, non sembrava interessare più di tanto l'opinione pubblica.

Le esplorazioni, quella era la moda del momento.
Partire alla ricerca delle fantomatiche sorgenti del Nilo, portare la civiltà a straccioni senza dio, disegnare nuove rotte di navigazione  che avvicinassero il mondo!
Ecco il nuovo scopo che August H. Petermann si prefisse: esplorare il mondo!

Scrisse nei suoi diari:
- La Terra ha ancora così tanto da offrire ai nostri sguardi. Organizzerò le migliori esplorazioni che si siano mai viste. -
E in effetti così fece: raccolte fondi, articoli di promozione, vendita di enciclopedie.
August non si fermò davanti a nulla pur di eccellere anche in questo campo così vasto, così nuovo ed eccitante così avventuroso e così insondato.
Solo un improvviso - e non meglio identificato - mal di piedi lo costrinse all'ultimo momento a rinunciare al viaggio.
«Una volta che mi sarò fatto togliere le patate dai piedi riprenderò il mio cammino»
Ahilui invece l'alluce valgo sembrò tormentarlo per mesi, tanto che non poté mai raggiungere i suoi esploratori lì dove li aveva mandati.
Fece spallucce: tanto sarebbero tornati e i frequenti aggiornamenti che riceveva per posta, gli permettevano di redigere e aggiornare le sue preziose carte.

Ma anche la ricerca africana oramai stava tramontando, era alle esplorazioni polari che bisognava guardare.
Anche perché alcuni fatti incresciosi, riguardanti naufragi, e numerose morti, calamitavano l'opinione pubblica in maniera impressionante.
August si documentò e con sommo stupore scoprì che due navi tali Herebus e Terror - le meglio tecnologicamente equipaggiate dell'epoca erano andate a disperdersi in quel dei mari del nord alla ricerca dell' ennesimo passaggio per le indie senza aver consultato prima le sue teorie.
Ah ma che cialtroni quei capitani!
Come era possibile che nessuno avesse letto i suoi resoconti riguardo mari polari navigabili e correnti tiepide che - di sicuro! - al di là degli ineffabili ghiacci polari avrebbero potuto condurre quegli stolti alla salvezza? Anche quella imbrattacarte di Mary Shelley gli aveva dato credito: ne aveva persino parlato in Frankenstein!
Di nuovo si prodigò per mettere insieme una spedizione e dimostrare una volta per tutte le sue ragioni.
Ma accidenti il destino non fu dalla sua nemmeno in quell'occasione: proprio il giorno precedente la partenza, forse al sol pensiero del freddo che incombe in quelle zone, gli vennero i geloni e dovette rinunciare a partire.
Povero August. L'affaire Erebus e Terror si risolse da sé con il rinvenimento - dopo tre anni dalla scomparsa delle navi - dell'unico sopravvissuto.
Le spedizioni rientrarono e nessuno, giurarono i suoi capitani, aveva rinvenuto alcun passaggio o corrente, o mare polare navigabile.
Come era possibile? Come era possibile che l'idea di simmetria che i pensatori e i filosofi e gli scienziati si trascinavano dietro dall'antichità fallisse in maniera così misera?
Che il mondo fosse più complicato di quel che si credeva?
Subìto lo smacco a August non rimase che far ritorno alla natìa Germania per cercare di rimettere insieme i pezzi di una carriera che andava sfuggendogli di mano. 
Tornò a vivere dalla mamma, a disegnare su grossi fogli mappe e a cercare di concretizzare le idee che gli venivano in mente e a tracciare rotte e a immaginare di organizzare nuovi viaggi.
Come quello per la ricerca dell'ingresso alla Terra Cava e ai suoi misteri e alle sue meraviglie.
Ma questa è un'altra storia.

Due righe, quasi ,più serie riguardo August Petermann le trovate qui: L'uomo che inventò il polo nord. 

 


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