martedì 8 aprile 2014

Carte Mentali, percezione spaziale, orientamento...


Datemi una carta di Parigi e mi perderò. E' successo e continua a succedere ogni volta che ci vado. Sarei ancora alla fermata degli autobus se qualcuno di spirito puro non fosse venuto a recuperarmi.
Datemi una carta dell'Italia e vi dirò tutte, ma proprio tutte e in rigoroso ordine sparso, i nomi delle regioni centrandoli tutti al novantanove per cento. Già, continuo a mettere il Piemonte in Lombardia e la Lombardia in Piemonte, accidenti!
Secondo un certa ricerca condotta dalla Doxa negli anni '90 in molti abbiamo un problema di riconoscimento e percezione spaziale nei confronti del linguaggio cartografico. Perché?
Ebbene sì, linguaggio, al pari di altri quello della cartografia è un vero e proprio linguaggio che si basa su schemi condivisi, immagini e simboli a cui tutti, più o meno, siamo in grado di risalire.
La cartografia è un linguaggio strumentale, necessario che, specie negli ultimi decenni si è fatta sempre più largo nel quotidiano. Pensiamo ai navigatori satellitari nei cellulari o il supersfruttato Google Maps.
Quello però che a molti sfugge è come si ponga il proprio io all'interno di queste rappresentazioni semplificate, su piano, della realtà.
Dove sono io mentre col GPS o una desueta edizione cartacea di Tutto Città alla mano,  cerco di raggiungere Fontana di Trevi o le Torri degli Asinelli? Come mi pongo nello spazio?
E lo spazio che leggo e vedo sulla carta è lo stesso che mi circonda?
Per rispondere efficacemente a questa domanda ho ricostruito una favolosa carta del quartiere redatta da mia nipote:
I pregi di questa carta sono racchiusi in due caratteristiche fondamentali: 1 l'essenzialità delle informazioni, 2 i percorsi che nella sua piccola brillante mente ricostruisce ogni volta che pensa a una delle tappe o cerca di raggiungerle mentalmente.
Una carta come questa, che ognuno di noi può divertirsi a realizzare o a proporre - e vi assicuro che disegnando in più persone lo stesso luogo vedrete che i risultati saranno sempre differenti - si riferisce al modo in cui ci configuriamo nello spazio esterno il quale appare diverso da quello oggettivo.




La prima tappa nel percorso di mia nipote è rappresentata dalla casa della nonna la quale, oltre a essere la prima nella classfica degli affetti oltre quello genitoriale, è anche quella più facilmente raggiungibile.
Dopo una stretta curva a gomito e un rettilineo c'è la casa degli zii la quale è solo apparentemente lontana - nello spazio e perché la raggiunge sempre in auto - ma è rappresenta più vicina al punto di partenza.

Una larga curva accompagna il suo percorso dall'altra nonna che, in effetti, vive leggermente più distante, ma è anche più distante nella presenza.
Incuriosisce infine quella casetta piccina posta alla fine del percorso su cui ho scritto altri. Questi altri sono i parenti alla lontana che si pongono alla fine del tragitto.

La nostra presenza nello spazio fisico non è scontata: organizziamo lo spazio nella nostra mente attraverso le informazioni territoriali che apprendiamo e che vengono inesorabilmente distorte e deformate dalla nostra personalità, emotività ed esperienze nei confonti dei luoghi.
Contribuiscono naturalmente anche la natura della nostra formazione, la cultura, il genere- è assodato che per orientarsi gli uomini controllino meglio le spazio e le donne si riferiscano a punti ben precisi - e naturalmente i viaggi che stimolano l'interesse nello spazio circostante per non perdersi.


Per quel che concerne la mia capacità di proiettarmi nello spazio ebbene; faccio schifo. Nonostante la tecnologia continuo a perdermi per le vie di Parigi,  specie se mi concentro sulla mappa che ho sottomano o continuo a seguire i consigli della teutonica voce del navigatore del mio cellulare.
Sappiate fin da subito che ho già contattato i miei amici per venirmi a recuperare alla stazione dei bus.





Nessun commento:

Posta un commento